La Romagna terra ricca di tradizioni, fa bella mostra di se, nelle sue innumerevoli ricette. Che si attinga a ricette marinare, di carne o agli squisiti dolci, siamo nei luoghi che vantano molti aneddoti e gustose bontà.
Nella riviera, da sempre meta del turismo internazionale, potete trovare dell’ottimo pesce, cucinato nei modi più disparati. Noi preferiamo quello semplice, quello povero, quello raccontato dai nostri nonni e che i nostri genitori ci hanno tramandato.
La piadina con i sardoni e l’insalata fresca è un piatto gustoso e facile da preparare…meglio se i sardoni sono marinati alla “romagnola”.
Ecco la nostra ricetta:
I sardoni vanno eviscerati, lavati e puliti in modo che perdano l’amaro, si ricoprono di sale grosso e aceto. Si lasciano marinare per un giorno e una notte. Si toglie poi il sale e l’aceto e vanno fatti scolare per un giorno intero. Utilizzare poi una teglia di coccio, inserire uno strato di sardoni,ricoprire di prezzemolo fresco e aglio tritati, alloro in foglia e pepe in grani. Coprire abbondantemente con l’olio extravergine di oliva e lasciarli riposare un paio di giorni.
Quando sono pronti, inserirli nella piadina calda, con qualche foglia di insalata e volendo un po’ di cipolla!
Questa piadina farcita è facile da trovare soprattutto alle numerose sagre di paese di cui la Romagna è ricca.
Se invece siete più propensi alla pasta, non potete non assaggiare i nostri famosi “strozzapreti”
Secondo la tradizione, le donne romagnole preparavano questo tipo di pasta per offrirla al prete del paese, mentre i mariti, di estrazione evidentemente più anticlericale, auguravano allo stesso di “strozzarsi” mentre si abbuffava della minestra. Un’altra interpretazione suggerisce che l’etimologia del nome possa ricondursi alla consistenza degli strozzapreti, tale da domare anche la fame del prete (notoriamente forte mangiatore) fino a strozzarlo.
Altri invece riconducono il nome attribuito alla forma che veniva data alla pasta e al gesto che la massaia faceva per arrotolare la stessa e darle la forma voluta, un gesto simile appunto allo strozzare. Il fatto che poi tale prelibatezza fosse offerta al clero, ha unito le parole “strozzare” e “prete”.
Quale storia sia più vera non si sa, quello che sappiamo è che lo strozzaprete si presta a favolosi condimenti, la tradizione lo vuole accostato ad un bel ragù di carne, ma è altrettanto buono per i vegetariani come me, se unito ad un bel sugo di verdure, l’importante è sempre degustarlo assieme ad un buon bicchiere di sangiovese ad esempio questo di Tenuta La Palazza Drei Donà, davvero ottimo.
Se volete cimentarvi ecco la ricetta:
350 gr. farina
2 bicchieri d’acqua
sale q.b.
Preparazione:
Setacciate la farina e versatela in un recipiente. Unite il sale, due bicchieri di acqua e iniziate a impastare. Trasferite il composto su una spianatoia infarinata e continuate a impastare, fino a quando otterrete una pasta omogenea e senza grumi.
Dividete l’impasto in quattro parti e stendete ciascuna con il mattarello sino a ottenere uno spessore di circa 2 millimetri, dopodiché ripiegate ciascuna sfoglia su se stessa e tagliatela a striscioline di una larghezza di circa 1 centimetro e lunghezza 10 centimetri.
Con un movimento del polso arrotolate su se stessa ogni strisciolina di pasta in modo da formare una sorta di ricciolo a spirale; quando avrete completato tutti gli strozzapreti, riponeteli su un piano infarinato. Fateli riposare per almeno 20 minuti prima di cuocerli.
Accorgimenti:
Qualora vi accorgeste, mentre impastate, che il composto è troppo asciutto, aggiungete ancora un po’ d’acqua.
Per finire, come non parlare dei dolci, che nei periodi di carestia erano si rari, ma molto desiderati.
Nello specifico la micca è un dolce di origini povere e contadine, ideato per ottimizzare i pochi ingredienti a disposizione e cercare di rincuorare le sofferenze portate dalla miseria.
In occasione della vendemmia i contadini selezionavano i grappoli più belli di uva Sangiovese per mangiarli con un po’ di pane o fare qualche dolcetto. Si appendevano in soffitta, spesso alle travi di legno del solaio, e se la famiglia era parsimoniosa (e non troppo golosa!) potevano arrivare fino a Natale.
Le donne di casa accontentavano la golosità di grandi e piccini con la micca romagnola, una sorta di ciambella fatta con farina di polenta, farina di grano e uva nera. E’ un dolce poco zuccherino ma l’uva lo rende davvero gustoso!
MICCA ROMAGNOLA
Ingredienti
250 gr di farina di grano 00
250 gr di farina di polenta
100 gr di burro
200 gr di zucchero
un bicchiere di latte
2 uova
1 busta di lievito
uva nera sangiovese
Procedimento
Unire uova, zucchero, burro ammorbidito e mischiare: aggiungere poi le due farine, il lievito e il latte. L’impasto deve risultare piuttosto sodo, se così non fosse, aggiungere o latte o farina.
Dalla pasta ottenuta si ricavano dei panetti grandi quanto un maritozzo e altrettante palline più piccole. La pallina va stesa come una piadina sottile e arrotolata attorno al panetto precedentemente ricavato. Mentre la sia avvolge, nello spazio tra la piadina di pasta e il panetto vanno inseriti man mano i chicchi d’uva. Alla fine, aggiungere altri chicchi in superficie cercando di spingerli un po’ con il dito. A questo punto la micca è pronta, basta infornarla a 180° e farla cuocere per almeno 45 minuti o finchè non risulta bella dorata.
Che siate turisti storici o avventori della domenica, oppure che siate romagnoli doc…… Buone degustazioni!!
Maura grazie per l’accuratezza delle informazioni: davvero utili per me che adoro la cucina romagnola! Un consiglio. Visto che l’uva nera non è reperibile in questo periodo dell’anno per la ricetta della micca, cosa ne pensi se la sostituissi con le ciliegie? Sarebbe un sacrilegio?
Grazie
Wilma
Ciao Wilma,
grazie per il tuo messaggio!
La tradizione parla ovviamente di uva nera, ma nulla vieta di fare variazioni.
Ovviamente ti consiglio i duroni che sono una varietà di ciliegia piu carnosa (quindi non si spappoleranno in cottura) e piu scura (cosi ricorderanno di piu il colore dell’uva nera….), ti consiglio inoltre di denoccialarle prima di inserirle nell’impasto! Ah, dimenticavo! Un’altra accortezza usando le ciliegie (essendo queste tendenzialmente piu dolci dell’uva) ti consiglio di variare leggermente le quantità dello zucchero. Puoi provare con 170 grammi. Fammi sapere come è andata! Ciao a presto